Il baule del migrante - Pagine inedite
- Mirko Morello GC
- 3 giorni fa
- Tempo di lettura: 11 min
Ampiamente narrato da Milo Milani (il principale degli eteronimi o delle anime gitane che abitano la mia scrittura) 𝐼𝑙 𝑏𝑎𝑢𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑚𝑖𝑔𝑟𝑎𝑛𝑡𝑒 si è reso, in quindici anni di stesura, una vibrante opera poliedrica che si snoda tra racconti brevi e poesie a costituire un unicum narrativo; uno scrigno munifico di storie umane nate dai viaggi e dagli incontri esperiti e sognati, da ferite e addii e da quell'incessante tentativo di dare risposta a certe becere assurdità con cui, quotidianamente, dobbiamo confrontarci (razzismo, disamore, solitudini, emigrazioni, guerre) così da restituire dignità e valore al tempo del nostro esisterci.
Di seguito, come un diario sempre schiuso, troverai pagine aggiuntive al Baule (composte nei tre anni successivi alla pubblicazione della 3a ed. del 2022) appartenenti principalmente alla voce di Milani con una sezione speciale (Un altro uomo, altrove) dedicata alle restanti anime gitane presenti nel libro.
Milo Milani (1980-vivente)
Fotoreporter e scrittore agrigentino, è in prevalenza un gentiluomo di fortuna che ha trovato nel viaggio la sua joie de vivre. Nel corso della sua vita entra in contatto diretto con il vissuto di tutti gli eteronimi prendendone a cuore il retaggio artistico-letterario curandone e difendendone la memoria.
Il sognatore tranquillo (pagine e capitoli inediti)
2018
Palermo
Aprile 2018
<<Avevo dimenticato il mare ch'infuria o s'acquieta sulla prua delle tue labbra ridenti, poeta
è un luogo silente del Sud
dove mi risvegli
senz'armi e destino
senza destriero e beltà>>
In questo carnevale d’ombre e maschere, re e dimenticati, Rinaldo, tra le mie mani, è un fortuito tesoro d’incontri, partenze e riconciliazioni; vagabonda luce in questa caleidoscopica culla di Sicilia.
<<Elena, Angelica, Dulcinea…
C’è ancora una dimora per la meraviglia?
Antico linguaggio,
eco di gesta e conchiglie, disfatte e rinascite;
fiore segreto nei miei piccoli occhi azzurri>>
C’è ancora una dimora per la meraviglia?
<<Che non si spoglino mai le tue mani di pietà e speranza, poeta
sono la terra ridente e perpetua
dove fiorisco>>
NdA: Il doppio frammento di lettera che riportiamo di seguito (la prima spedita all’amico Kamal, l’altra taciuta tra le pagine di un diario ma destinata all'amata Elisa), contestualizza questa breve fantasia composta a Palermo nella bottega artigiana del "puparo" Andrea D'Angiò durante la riparazione della marionetta. “Da un breve viaggio a Selinunte sono rientrato a Kerkent in compagnia di un logoro e ferito cavaliere: un pupo. Paladino perduto d'una Sicilia che mi rende sogni d'un evo eterno: mescolanze di terre e d'uomini; una ribalda bellezza”; “[…] Uno scintillio dalla giara. Era Rinaldo: paladino di Francia; pupo sgualcito di Sicilia. Logoro e spoglio d'armatura m'osservava dimesso. Malcapitato lì chissà da quale ventura; salvarlo mi rese più sfidabile questa ferita d'aprile. Ora, maldestramente assiso tra i luccichii generati dall'elmo e il pulviscolo dorato nella Secolare, m’accompagna spesso sognarti da una finestra che non sai. A giorni lo condurrò a Palermo. Tra le abili mani del puparo D'Angiò riacquisirà fierezza e vigore”.
Di seguito la versione alternativa creata ed inserita nel progetto delle MicroStorie Minime (speciale 2025 delle Tavole domenicali):


2019
Sonetto nella pioggia del Cile
Temuco, sulla tua bocca dorme e s’agita il nome d’un infinito veliero:
anima salpata per sfidare un Secolo di fuliggini e tirannie;
uomo di ritorno per difenderla ancora
l’intima fragranza dei tuoi frutti.
Temuco, pietra aperta al mare;
sogno selvaggio d’un cuore sgomento:
scivolano – fra la gioventù e il fiume
Vapori e un vecchio battello
il mio amore e la tua assenza:
grano e crine che il vento intreccia
a quest’oceanica notte amerindia
sono un paese di stordimenti:
lavanda e povertà;
il dolce bacio della pioggia.

2020
Somewhere in L.A.
In memoria di Kobe Bean Bryant (1978-2020)
Danzava
univoco al circostante,
sincronia d’un moto avulso all’imperfezione.
Le mani nere, i palmi dolci:
diapason per il ritmo.
8 seconds…
…step-back & shoot…
Il bambino si volta, alza il pugno e va via.
È un eroe ignoto all’universo.
Arcuandosi,
la sfera è un cigno che narra una favola antica
che basisce ancora.
Nessuno si mosse.
Retina e rimbalzo.
L’eco remota d’un boato.
Da qualche parte a Los Angeles
un uomo si volta con fierezza e va via.
È un eroe accolto dall’universo.
Nel vibrato degli applausi
danza, infinito.
24 seconds…
…fade-away…

2021
Sonetto per il mandorlo in fiore
Dove fosti casa, la musica, il miracolo
rimani – fioritura
Aurora di fertili felicità:
il profumo dei ragazzi fuggiaschi;
prime labbra di primavera,
l’alba candida – vicino ai Dioscuri
Nella Valle esposta al morso e al frutto,
un acceso avvenire;
inventate nuvole,
tra un bacio e la tenerezza,
quando lei mi strinse e cedetti al vento la mia solitudine;
diradato tempo,
tra il verso e l’eterno,
l’aroma vagabondo delle sue gambe.
2022
Di seguito il racconto di un nuovo episodio (collocato nel settembre del 2022 ed ambientato nelle Isole Eolie), creato ed inserito nel progetto delle MicroStorie Minime (speciale 2025 delle Tavole domenicali):


2027
Cordova
Agosto 2027
Fado d'addio al Portogallo
Mio faro del Sud, poeta,
come me, con me, anima buona,
valore,
preghiera randagia senza più asilo;
quest’incapacità alla tenerezza
sottrae senso al mio futuro, qui;
disperde e m’adagia, con un pianto,
sui sentieri d’ombra e disamore.
Vacillante e straniero,
m’è ustione
quel che non ho saputo difendere.
Un treno, qual alba
per aiutarmi; per dimenticare?
Oh Léon, Léon…tremo d’avvenire!
Nell’Alcazar, l’antica dimora dei Re Cristiani, è un agosto ritmato da voci e abbracci. Vecchie e nuove amicizie che trovano un’età comune per coesistere.
Ed eccoli, Léon e Pio. Una guitarra portuguésa e un pianoforte del Sud.
Empi di vita, i giardini risuonano di passi, risa e gorgoglii acquatici. Cordova è un festival multietnico e tracimante. Rinfranca.
Prima che si dia inizio al duetto; negli ultimi intagli di luce a dorarne le corone, sotto le statue di Isabella e Ferdinando, la pietra sigilla ancora l’incontro con Cristoforo Colombo attraendomi in fantasie di rotte e correnti, onde e spume d’altri oceani.
Volteggiando, il mio dollaro d’argento sfiora gocce e petali dalla fontana.
Dionisiaca nell'estate,
una chitarra sul ventre è fede.
Universo d'erotismo ed esaltazione,
complice bastevole ad entusiasmarsi l'esistere.
NdA: Tra giugno e luglio a Cordova, in Spagna, si svolgono, durante la sera, concerti di flamenco, rock e blues nell’ambito del Festival Internacional de la Guitarra. Generalmente ci si ritrova proprio nei giardini dell’Alcazar, l’antica residenza dei Re Cristiani. Léon è stato un cantautore e musicista portoghese; coetaneo e amico di Orellana ai tempi della sua permanenza a Lisbona. Proprio il poeta brasiliano, agli esordi degli Novanta del Novecento, scrisse una breve lettera all’amico musicista per avvertirlo che avrebbe lasciato, suo malgrado, il Portogallo e l’amata Lola allegando il sonetto introduttivo. Il manoscritto originale è stato donato dallo stesso artista a Milani proprio nell’agosto del 2027 in quel di Cordova. Per l'occasione, il fado di Orellana è stato eseguito per chitarra e pianoforte e cantato dallo stesso Léon.
2036
Coming soon
2039
Era tutto così complice della felicità, Infanzia, ora che ti guardo da questa tristezza mentre ad ogni passo mi dai memoria, palpito e bruciatura; una periferia dove avvampare. E di nuovo li scorgo, bellezza intensa, un cielo di sabbia e polvere, il rimbalzo che aduna gli amici pei cortili, la passione e la speranza, esultanze e querimonie, la trottola variopinta nella risata infinita di mio padre.
Era rimasta solo una finestra accesa dal tramonto;
spento ogni ricordo
vagavo senza meta
canticchiando a bocca chiusa una canzone con il vento
sotto i melograni
col sole in tasca e le mani aulenti d’agrumi
liete e libere
nella notte già nuda e schiusa, già complice
pronte a ricevere il tuo viso;
la meraviglia di raccontarsi.
Era tutto così complice della felicità, Infanzia, ora che ti rivivo a piene lacrime in questa ferita di silenzio: slarghi e viuzze dove ancora sgorgo, a cuore provato, per ritornare, scalzo, sulle gambe materne: ecumenici usci dove caracollano i monelli a sera, nel giorno stremato da tanta vita.
Risveglio nella Secolare
Sta arrivando la pioggia.
Prima, questa luna gentile; d’alba.
Un seno esposto al mattino. Nessuna voce.
Parità di silenzi. Attese.
Un lento ineluttabile risveglio.
Come finisce il sogno inizia il cammino del giorno nuovo.
Ora i tuoi occhi, mia complice.
La voce.
Il bacio.
La vita.
Il tuono.
Questo fragore di appartenersi.
È arrivata la pioggia!
Ricolmo di beatitudini.
Non muta, nella mia vita, questa narrazione d’onde sospinte al tramonto. Di vastità colta assiso a contemplare.
Non necessito più un altrove da inseguire. Qui, senza ferirsi, è il tempo della mia presenza.
Un altro uomo, altrove - Versi e prose eteronime
Valentino Menini (1915-2000)
Emigrato in giovane età dall'Italia in terra argentina, con sacrificio e caparbietà è riuscito a fondare l'omonima casa editrice che, anni più tardi, alla guida del nipote si legherà indissolubilmente al patrimonio artistico di Milani e degli altri gentiluomini di fortuna.
Mi tango
I.
Rivedo il mare senza riconoscerti.
Accanto al mio sorriso ordinario
manca, con che violenza,
il tocco d’allegria della tua bocca:
dono di fiamma e destino;
chiarore per esistere.
II.
Ancora la sera.
Le mani avide di ciliegie e stelle.
Il tuo vestito lilla.
Raccolto, come un desiderio,
dai gradini di roccia grigia,
sconnessi e ombrati,
rivolti ad un affiorare d’onda
ch’incalza e respira, nel mio passare.
Fuori dalla memoria,
perduri con la pioggia.
A Buenos Aires, porta schiusa al cuore delle mie rinnovate aspirazioni, tutto il mio passato divenne una lacrima perduta. Mi imposi di resistere. Nei miei calzoni impolverati e l’ennesimo gacho requintado da rammendare. Mi imposi di rinascere. Come i meravigliosi mandorli della mia Agrigento (di cui, ben cuciti in una maglia, ne porto ancora i petali). Mi imposi di non dimenticarti nella possibilità di costruirmi un mio, in un presente un po’ più certo di quello che, da una finestra stridente, inseguivo svanire a storture e rinunce… Ah Italia! Chau.
Lirica dell’emigrante
Chi rubò la notte al buio e la rese una terra lucente per amarsi?
Mujer, mio ampio stupore;
lasciami reinventarti coi sensi
su questo petto esposto al mare d’autunno e al graffio del Tempo.
Lasciami ricostruire il segno dei tuoi passi nudi in queste stanze,
mentre la chitarra suona col vento e la memoria risveglia labbra e versi;
aromi che infinitamente t’appartengono.
Piove lontano.
Forse un treno…
Esile
in questo lembo d’Argentina
la memoria dialoga col sogno:
se, con dolcezza
al Sud
ancora s’aprisse
la tua mano come una soglia,
quel sentiero mediterraneo che camminai per offrirtelo,
la Patria che smantella
da uomo a donna
distanze e solitudini
potrei di nuovo, Italia
sentirmi accolto e fiero,
figlio e amante,
e ritornare alla dolcezza.
NdA: Due poesie e una prosa tratte da alcune significative pagine di diario degli anni '30 scritte dal Menini durante il periodo di permanenza nella capitale argentina prima di passare alle dipendenze del señor Octavio in quel di Bahía Blanca (si veda il volume “Il baule del migrante”, MMGC 2022). Gacho e requintado sono due termini propri del lunfardo (dialetto tipico dei porteños che trae origine dal grande coacervo d’immigrati – in prevalenza italiani – stanziatisi nei vari quartieri di Buenos Aires dalla fine del 1800) ad indicare, nel testo, un tipo di cappello di bassa fattura con la tesa rialzata al di sopra degli occhi ed indossato con una particolare inclinazione soprattutto durante una performance di tango. Anche il termine chau appartiene alla lingua lunfarda (una storpiatura dell’italiano ciao) e viene utilizzato come forma di commiato per salutare una persona (nel testo, il paese natio del Menini).
Di seguito la versione alternativa, narrata da Milani, creata ed inserita nel progetto delle MicroStorie Minime (speciale 2025 delle Tavole domenicali):


Aldo Martini (1919-2015)
Costretto a separarsi dai propri affetti a causa della leva forzata, cade prigioniero degli inglesi durante la seconda guerra mondiale venendo deportato sul suolo britannico fino alla fine del conflitto. La sua storia trova luce e un inatteso lieto fine sessant’anni più tardi, grazie all’incontro con Milani in una casa di riposo londinese.
Potessi ancora sognarti nei giorni che disabito…
Ah Kerkent: stella gitana nel mio firmamento;
recisa radice d’una svanita felicità.
Potessi, a sera, incontrarmi nei tuoi occhi
– luminarie dell’allegria
Avrei rifugio ancora,
sul limine delle tue labbra,
dove sgorga la vita.
NdA: Lirica composta sul fronte sudorientale durante il secondo conflitto mondiale ed indirizzata alla moglie Serena Dantonelli come le Valentine successive scritte a Carnforth durante gli anni trascorsi sul suolo britannico da prigioniero di guerra (si veda il volume “Il baule del migrante”, MMGC 2022).
Valentine
I.
Nella tua chioma fiori;
la calma attesa.
Seduzioni di mare e pioggia.
Quel profumo infantile d’avventura.
Nel tumulto delle notti, un ponte ambrato all’onirico.
Affinità tra le tue dita e le mie labbra.
Una vicinanza di stelle.
II.
Come una corrente
attraversi i mattini di luglio;
vigna distante e selvaggia,
elemento vitale della mia esistenza.
Ah meraviglia, mio amore assoluto;
errando per altri luoghi,
chicco di grano che la terra ricorda,
giunsi in questa casa senza bandiere
dove il mare continua
– tra petto e assenza
Il suo fecondo lavoro di amistà;
dove la notte s’allevia
– tra ferro e mal disposto destino
Nel ricordo dei tuoi petali smarriti amati dalla rugiada.
Di seguito il racconto di un nuovo episodio da collocare dopo il 1943 (all'epoca della deportazione del soldato Martini dall'Italia all'Inghilterra e già accennato da Milani a pag. 458 del Baule), creato ed inserito nel progetto delle MicroStorie Minime (speciale 2025 delle Tavole domenicali):


Donovan Jay Cooper (1937-200?)
Poeta ascrivibile alla beat generation; tra gli anni Cinquanta e Settanta del ‘900 viaggia incessantemente dalla East alla West Coast americana (in prevalenza sulla Route 66) “per ubriacarsi di vissuto”. Il sipario sulla sua vita si riapre nell’estate del 2003 a Big Sur, in California, quando sul Bixby Bridge incontra – da sessantacinquenne indistinto – il giovane Milani al quale, due mesi più tardi, scrive un profluvio narrandogli la sua storia e la voglia di essere ricordato da quell’America che ha comunque continuato ad amare, nella sua eclettica essenza, fino alla fine.
Southbound

NdA: Stravolto e vagabondo, in cammino verso il sole e il rincuorante Oceano Pacifico, Donovan Jay Cooper inviò quest'ennesimo telegramma all'amico Ferruccio annunciando la definitiva conclusione del suo legame sentimentale con l'artista canadese Céline Cloutier (in arte Mona) ritornata in patria nell’estate del ‘67 (si veda il volume “Il baule del migrante”, MMGC 2022).
Lirica ribelle ed effimera;
creatura d’onda al crepuscolo
oceanica
la memoria non conosce altro che la consunta materia dei sogni decaduti.
Big Sur, ‘03
Ai giorni di papavero scomparsi
alla ragazza azzurra
accorsa sulla spiaggia
col mio taccuino e una chitarra
al dolore degli infelici
e al mare che sa esserne cura
a chi, lasciandomi la mano, ne tradì la sorte
e mercanteggiò la propria
con altra solitudine
al Tempo:
unguento d’oblio e liberazione
un ultimo brindisi!
Poesia,
mia ampia ebbrezza
guarisca il cielo
un rammento di stelle.
Big Sur, ‘03
Epinàl (1953-2013)
Pittore francese originario di Aix en Provence; sulle orme del conterraneo Cézanne diviene un celebre interprete delle ricchezze provenzali e del mondo incontrato e filtrato attraverso la luminosità cromatica della propria tavolozza. La sua vita, intrecciandosi casualmente a quella di Orellana, conferisce al tessuto narrativo diversi slanci e aperture.
Settembre scompagina i ricordi, acuisce fragilità e mancanze, solca i giorni d'irrefrenabile malinconia.
Lasciare casa, a lungo, non mi appartiene. Sfianca.
Necessito di luoghi certi, sonorità familiari che mi conducano. Per non disperdermi, voglio riappropriarmi del tempo e sentirmi funzionale nello spazio che occupo. Come un'architettura, incontrarmi con l'uomo e la luce per lasciarsi abitare.
NdA: Inedita lettera alla famiglia ad annunciare il suo definitivo ritorno nell'amata Provenza (si veda il volume “Il baule del migrante”, MMGC 2022).
Orellana (1960-2005)
Fuggito da un destino di povertà e di forti tensioni razziali, el Poeta de Bahía, dopo un lungo periplo alla ricerca delle proprie radici e del proprio posto nel mondo, ritrova quest’ultimo in terra natia dove, adottando l’orfanello Quirino, riesce a trascorrere un ultimo periodo felice di vita condivisa. Le sorti del giovane figlio si legheranno poi, indissolubilmente, a quelle di Milani che ne diverrà il mentore.
Frastornante, sulle cicatrici, il canto degli amori sperduti.
Di quelle notti al tuo fianco
sradicate dalla memoria
sulle sue rive
stremate d’albe
rimani spettatrice;
forma sedotta d’un sogno sperso
età di luce esente.
NdA: Poesia composta durante un campo notturno nel deserto africano di sabbia rossa nella regione del Serengeti in Tanzania (si veda il volume “Il baule del migrante”, MMGC 2022).